martedì 1 gennaio 2008

Più importante il concetto => più confusi i termini

Ogni azienda produttrice ha una serie di concetti tecnici strategici. Naturalmente tutto il personale tecnico ha delle idee chiarissime a riguardo. Ma le espressioni per descrivere questi concetti delle volte sono variabili.

La terminologia tecnica non è coerente. Questo fatto crea fraintesi o almeno dubbi da parte dei traduttore e degli utilizzatori. Uno descrive un concetto per la sua funzione, uno per la sua forma o il suo colore e uno per una per la sua caratteristica ecc.

esempio: la morsa, il pressore del pezzo, il cilindro di bloccaggio ecc.
Fino li niente di nuovo.

Mi sto accorgendo invece di una regolarità nella incoerenza: il rapporto tra l'importanza del concetto ed il grado della incoerenza terminologica: Più importante il concetto più confusi sono i suoi termini.

Questo viene probabilmente dal fatto che molte persone dell'azienda hanno bisogno di esprimere lo stesso concetto con le proprie parole. Con conoscenze di base diverse e non avendo un glossario aziendale a disposizione la proliferazione dei termini procede.

Il redattore tecnico invece consolida questa varietà terminologica nel manuale d'uso e la diffonde. E più ne ha più ne mette. Questo gli è stato insegnato a scuola nella scrittura letteraria: Mai ripetere la stessa parola!

La quantità dei sinonimi (o quasi sinonimi) nel manuale d'uso quindi potrebbe essere un buon indizio per l'importanza del concetto per l'azienda.

Bene. Proprio i concetti più importanti con la terminologia più confusa. Il lato positivo: Mi sembra di capire che il numero di questi concetti strategici è basso. Solitamente non sforziamo la nostra creatività per i concetti di base come le viti, i dadi e le rondelle.

1 commento:

Luigi Muzii ha detto...

Il redattore tecnico invece consolida questa varietà terminologica nel manuale d'uso e la diffonde. E più ne ha più ne mette. Questo gli è stato insegnato a scuola nella scrittura letteraria: Mai ripetere la stessa parola!

L'errore primo, infatti, sta nel considerare la redazione tecnica un'attività autorale creativa al pari di quella letteraria di cui, invece, tanto per cominciare, non segue le stesse regole. Io, per esempio, sto scrivendo questo commento secondo le regole di scrittura apprese a scuola che si rifanno a quelle letterarie, ma se volessi rivolgermi a un pubblico di utenti, anziché di lettori, dovrei, magari, usare un approccio affatto diverso.

La varietà terminologica, nella redazione tecnica, non è una ricchezza, o una risorsa, ma un problema. A un concetto dovrebbe corrispondere uno ed un solo termine, per ragioni brevettuali, commerciali, di assistenza e financo economiche, giacché l'unificazione dei termini permette di produrre consistenti risparmi in tutte le fasi di un processo.

La quantità dei sinonimi (o quasi sinonimi) nel manuale d'uso quindi potrebbe essere un buon indizio per l'importanza del concetto per l'azienda.

Questo è in parte vero, ma indica anche pigrizia e confusione e non favorisce, per esempio, la comunicazione tra i reparti, con la possibilità di produrre costi aggiuntivi inattesi e, per questo, fuori controllo, legati a ritardi di lavorazione, errori di produzione e perfino incongruenze nella comunicazione all'utente finale: il caso più eclatante (gli esempi sono sotto gli occhi di tutti) le differenze tra la documentazione di prodotto, il Web e il supporto tecnico.

Io aspetto sempre un'indagine seria sul ROI della terminologia. Data la modesta diffusione della disciplina, però, questa non può venire che dalle università e poiché la terminologia è materia linguistica, data la nota avversione degli uomini e delle donne di lettere verso tutto cioò che ha a che fare con i numeri, e la superbia, tutta italiana, con cui ancora si rivendica il presunto dominio delle lettere sulle scienze, penso che dovremo aspettare ancora qualche secolo.